Oggi non voglio raccontarvi di un viaggio che ho fatto fisicamente ma di un docu film che mi ha fatto fare un grande viaggio dentro me stessa e mi ha tanto emozionato.

Per questo voglio tentare di trasmettervi un po’ delle belle sensazioni che ho provato, e anche semplicemente scriverle per ricordarle e rileggerle ogni volta che mi accorgo che sto “perdendo la via”.

Si tratta del documentario “La Pantera delle Nevi“, Regia di Marie Amiguet e Vincent Munier.

> Vi posto qui il Trailer <

Il fotografo naturalista Vincent Munier, assieme allo scrittore Sylvain Tesson intraprendono un viaggio a 5000 metri sull’altipiano tibetano alla ricerca della pantera delle nevi.

Sono accompagnati dalla regista che, rimanendo sempre nell’ombra, riprende in ogni momento i  loro dialoghi e i loro spostamenti.

Il documentario mi è stato consigliato da Stefano, un amico, sapendo che sono appassionata di viaggi e fotografia paesaggistica e naturalistica e mi ha detto che ne sarei stata entusiasta.

Trovo una proiezione a Bologna, tra l’altro dove abita Luca, un mio grande amico appassionato di cinema che in questo periodo sta riscoprendo anche i documentari. Da un po’ di tempo non ci vediamo e mi farebbe tanto piacere vederlo quindi quale bella occasione se non questa per incontrarci? Gli telefono per invitarlo ed  è felicissimo della proposta, quindi ci organizziamo.

La serata inizia già molto bene, con Luca parlo sempre di tutto e mi capisce al volo, è davvero un buon amico che sa ascoltare e mi sa capire.
Dopo la cena e una passeggiata a Bologna entriamo nel cinema. È da tanto tempo che non vado al cinema e sono emozionata.

I due protagonisti si incamminano per oltre una settimana per gli altipiani, tenendo come base una baracca in mezzo al nulla.

Tesson, lo scrittore annota per tutto il tempo sul suo taccuino i pensieri che gli frullano per la testa e le sensazioni che vive.

Munier, il fotografo, è guidato dalla sua grande passione e dall’amore per la natura e si spinge oltre ogni suo limite, non sentendo la fatica e incurante delle condizioni meteo avverse; freddo (fino a -25° sotto zero!), vento e neve sono le situazioni che si ritrovano ad affrontare.

Ma la speranza di trovare quello che cerca è tanta e nonostante sa bene che probabilmente non troverà la pantera, la sua determinazione lo spinge comunque ad affrontare tutto e a trascorrere lunghe ore di appostamento, in attesa, di qualcosa che forse non arriverà mai.

L’attesa è la vera bellezza, quella sensazione che ti fà sentire in contatto con la natura e un tutt’uno con essa.
L’attesa ti fa dimenticare il tempo e la fretta non esiste più, il dover sempre fare tutto e subito, tipoco dei teatrini della società.

Quando Tesson chiede a Munier se in questi lunghi periodi in cui rimane solo in appostamento, non viene sopraffatto da pensieri negativi, egli risponde che non è assolutamente così. Fa bene all’animo invece fermarsi e ammirare, come uno spettatore ciò che la natura ci ha dato, il bello della natura e capire che siamo una cosa minuscola a confronto di questa bellezza e riflettere sul perchè l’uomo è l’unico animale che al posto di vivere in simbiosi con essa ha saputo solo distruggerla.

Gatto di Pallas

Cammini e cammini e non sai di essere osservato …
Ma quando incontri i loro occhi è come aprire quello spioncino che è rimasto chiuso dai tempi in cui dei, uomini e animali parlavano la stessa lingua.

Tra le luci dorate dell’alba, rocce e altipiani i due fanno molti incontri, tra cui, l‘antilope Tibetana, lo yak, il lupo grigio, l’orso, la volpe, il baral e il gatto di Pallas. Momenti indimenticabili che ho vissuto con la pelle d’oca e le lacrime agli occhi per l’eccitazione: la mia sensazione era di essere li con loro e provare le loro stesse emozioni.

Purtroppo impossibili da descrivere a chi non fa fotografia naturalistica, io mi sentivo invece “dentro” al documentario, ero protagonista assieme a loro, come la regista che se ne stava nascosta…

Munier fa notare al compagno che nella vita quotidiana dobbiamo giocare un ruolo da attori mentre in mezzo alla natura siamo noi stessi, e che sono ancora pochi i luoghi incontaminati dall’uomo e il Tibet è uno dei pochi.

E penso proprio che il Tibet sia un luogo magico, sono rimasta affascinata dal paesaggio, dal silenzio e anche le persone; quando i due protagonisti incontrano i bambini della baracca nasce un legame bellissimo e credo che questi bambini, capaci di vivere in simbiosi e nel rispetto per la natura, abbiano davvero tanto da insegnare agli adulti.

Non vi racconterò logicamente come andrà a finire e se i due amici troveranno la pantera ma chiudo lasciandovi un mio pensiero personale:

Da oggi in poi proverò di stare ancora più in mezzo alla natura perchè ho capito che è questo che amo realmente e che mi fa stare bene, la mia frenesia e il bisogno di dover fare “tutto e subito” probabilmente diminuirà e riuscirò ad essere più serena e a capire cosa è realmente importante e cosa no, dover rincorrere sempre un qualcosa non porta a nulla, anzi, meglio fermarmi un istante, respirare e godermi tutto quello che mi circonda, un regalo grandissimo che mi ha dato il mondo.

Ringrazio ancora il mio amico Stefano per avermi indicato questo documentario, credo che lui sapesse che era ciò di cui avevo bisogno e Luca, per avermi accompagnata in questa bella serata.

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